mercoledì 13 giugno 2012

Un incontro tra il futuro e il passato.













E' cosi, ci sono incontri  che spesso ti fanno riflettere, pensare e riconsiderare.
Sono incontri incoraggianti che permettono di allontanare alcune buie considerazioni e valutazioni personali.
Sono quegli incontri fortuiti, rari, non ricercati e spontanei, persone che non incontri da anni e che forse non avresti mai riconosciuto.
Sono incontri speciali perché oltre a portarti indietro nel tempo ti fanno guardare anche al futuro.
Indietro nel tempo perché basta una frase a visualizzare immagini ormai quasi offuscate, una frase detta in quel dialetto lombardo ormai  rilegato solo alla cerchia domestica e di poche amicizie consolidate "gho a cà una foto di mi e ti insem a Virginio Ferrari”.
Ma soprattutto è nella visione del futuro che questi incontri ti cambiano, non solo la giornata ma alcune tue valutazione quasi di carattere sociale.
I protagonisti di questo incontro sono un uomo sulla cinquantina che col me tredicenne di allora andava in giro per il paddock alla ricerca di piloti da fotografare ormai decenni fa e un ragazzo dalla folta capigliatura riccioluta e voluminosa nella perfetta imitazione del Sic, suo figlio.
Non sono stati i ricordi e quella forma quasi nostalgica di tempo felice andato ad emozionarmi e rendere indelebile questo incontro. Quello che  mi ha emozionato è stato vedere un rapporto - quello tra padre e figlio - e come questo legame abbia nella magia delle due ruote un collante forte e reale a dispetto del nostro mondo ipertecnologico e fatto perlopiù di apparenza.
Perché ormai siamo quasi rassegnati a etichettare i giovani ragazzini di oggi dediti solo all'utilizzo di playstation, xboxe e altre console alternati all'uso di facebook rilegando il veicolo a due ruote al massimo ad uno scooter concepito solo come mero mezzo di trasporto e nulla più.
Sentir parlare questo ragazzino di divertimento nello stare in piedi sotto un acquazzone mentre assisteva ad una gara di campionato di motard, di come si divertiva a far derapare la minimoto ma soprattutto di come custodisce in camera sua la sua KTM 125 usata perché solo pochi mesi i soliti ignoti sono entrati nel box rubando la minimoto con cui tanto si divertiva è stato emozionante.
A dispetto dei media, delle amicizie virtuali e non alcuni valori e passioni si trasmettono nelle mura domestiche e ne ho avuto una dimostrazione nitida.
E’ stato un incontro incoraggiante e benaugurante perché può essere semplice lavarsi le mani durante la crescita dei figli delegando ad altri specifiche responsabilità con la scusa del lavoro, della stanchezza o altri costruiti obblighi, ma alla fine essere riusciti a trasmettere una passione e poterla condividere con proprio figlio senza nessuna forzatura ma reale e spontanea, ritengo valga molto più di qualche euro in busta paga, di qualunque scatto di carriera o altro…ma questo sono solo considerazioni personali.

Nessun commento:

Posta un commento